A partire dall’Egira(dall’arabo Hijra, emigrazione, esilio)a.d.622 d.C., si conoscono almeno cinque pestilenze che hanno colpito il mondo islamico.

La prima, peste di Shirawayh (627-628 d.C.) il cui focus epidemico venne individuato a Ctesifonte in Mesopotamia. Durante questo periodo morì il re Siroes (da cui il nome dato a questa epidemia). Nello stesso anno venne segnalata la peste ad Hami (Camul), città importante situata sulla via della seta in Asia centrale.                                 La seconda, peste di Amwas (638-639), l’antica Emmaus in Siria,  colpì duramente l’esercito arabo provocando la morte di 25mila soldati circa. Questa episodio violento sembra, dal punto di vista medico, interessante perché colpì in rapida successione con due acuzie e fu nel corso della seconda puntata che i morti sarebbero stati più numerosi. Si suppone che il secondo episodio sia stato di peste polmonare che risulta altamente infettiva. L’epidemia si diffuse rapidamente in Siria, Iraq, Egitto. Un famoso medico mussulmano, ar-Razi (864-930 d.C.) riporta la descrizione che fa Ahum il prete, medico alessandrino vissuto al tempo della nascita dell’Islam, che fu anche autore delle Pandette mediche, primo lavoro medico tradotto in arabo.  Ahum avrebbe descritto, durante l’epidemia egiziana, cui lui aveva assistito, degli attacchi di tosse ed emissione di sangue dalla bocca dei pazienti ammalati.                                                                                                                             La terza, peste di Al-Jafir o peste violenta(688-689). Si propagò da Bassora( bassa Mesopotamia) con un flusso inarrestabile. Durante il X mese del calendario islamico(Shawwal) nella primavera del 689 in tre giorni morirono, nella città, circa  70 mila persone al giorno. Si ipotizza si trattasse di peste polmonare.  I cronisti riportano che i morti non venivano tumulati, ma lasciati nelle case.                                    La quarta epidemia, peste dei Maidens (al-Fatayat) o delle vergini, colpì Bassora nel 706. I decessi si registrarono principalmente tra le giovani donne e, secondo i cronisti, la maggior parte degli abitanti fuggì nel deserto.                                                     La quinta epidemia, peste dei notabili (al –Ashral) flagellò Siria e Iraq (716-717).                I cronisti riportano che morì il principe ereditario Ayyub ibn Sulaim, e l’anno successivo anche suo padre, il Califfo Sulaim. A Dabik morì di este il figlio del Mullah, Makllad. Negli anni a venire vi furono diverse riprese dell’epidemia in Siria e in Iraq. Si era quindi instaurata l’abitudine, se la peste si verificava d’estate, che califfi e notabili si spostavano verso il deserto, luoghi dal clima secco e meno affollati delle città dove le condizioni igieniche raggiungevano livelli alti di criticità. (S. Sabbatani, R. Manfredi, S.Fiorino 2012)                                                                                                           A partire dal 640 si crearono le condizioni per una fase importante e imperiosa dell’intera storia islamica. Da una parte le pressioni sulle popolazioni cristiane in Egitto  con l’imposizione di una tassa di due dinari a testa, superiore a quella che pagavano gli indigeni. Di conseguenza si favorì l’abbandono da parte di molti adepti della religione cristiana con l’adesione rapida all’Islam.  Dall’altra le popolazioni nomadi e seminomadi arabe, vivevano in zone desertiche, contesto geografico sfavorevole all’epidemia. Gli imperi invece vedevano la popolazione e il potere politico-militare concentrati nelle città, densamente popolate e con scarse condizioni igieniche e dove le epidemie avevano rapida diffusione. Sulla base di questa considerazione si può facilmente spiegare come una popolazione nomade, numericamente piccola, seppure animata da un forte spirito religioso, che incitava all’annientamento degli infedeli, riuscì a disintegrare l’Impero Sassanide e a ridurre significativamente l’estensione dell’Impero romano d’Oriente nel breve arco di pochi decenni, assurgendo ad unica superpotenza mondiale del Medio Evo. L’Islam in questa fase di crescita sui territori dell’Impero Persiano e su buona parte dell’Impero Romano d’Occidente. Divenne nei secoli che vanno dal VII all’XI, l’erede del sapere scientifico in discipline coma la matematica, la geometria, l’algebra, l’astronomia e la botanica. Vennero tradotti in arabo i testi classici di Ippocrate e Galeno, la cultura araba ebbe il merito di traghettare, attraverso il basso Medio Evo, le conoscenze e le patiche che, nei cosiddetti secoli bui dell’Occidente, rischiavano di cadere nell’oblio.

L’ egira corrisponde al 16  luglio dell’anno 622 d. C., anno in cui Maometto (a.n.570 d.C.) , con alcuni fedeli, si reca dalla nativa Mecca a Yathrib, in seguito da lui ribattezzata  Medina. È l’anno di nascita dell’Islam, anche se già il Profeta predicava da circa 10 anni prima. A seguito di un patto (patto di al-Aqabath) intercorso tra il profeta e i Medinesi, Maometto acquisisce oltre il potere religioso il potere politico. Il popolo islamico viene così sciolto dagli antichi legami tribali e legato a una nuova fede. Il primo hijra è spesso identificato con l’inizio del calendario islamico, che è stato fissato al 19 aprile 622 nel calendario giuliano.

L’agente causale  della peste è la Yersinia pestis, batterio che viene trasmesso dal morso delle pulci del ratto. Intorno al 1400 Ibn Hagar descrive la peste “…i bubboni della peste assomigliano a quelli che affliggono i cammelli;…la peste è un’ulcera;…assomiglia alla lebbra;…è la corruzione degli arti”. …”piaghe bubboni non sono altro che manifestazioni esteriori del fenomeno Eaun e,” in conclusione “ la causa proviene direttamente da Dio”. Secondo Sublet, i medici arabi sarebbero tentati di ammettere il carattere contagioso della malattia, ma esitano ad affermarlo per non invischiarsi in un problema teologico. Quindi  non rivolgersi al medico ma a saggio religioso (Ulama), che consulterà gli Hadit (detti del Profeta) e solo in questo solco si troverà la giusta soluzione.

L’approccio tradizionale della Sunna. Recita un detto autentico (sahih hadith, riportato dalla raccolta di Abu Dawud al_Sijstani(818-888). Il testo racconta di una domanda fatta al Profeta da alcune persone che ritenevano il ricorso alla medicina contrario alla scelta di affidarsi ad Allah: “ Messaggero di Allah, dovremmo usare la medicina? Il profeta rispose: Si, puoi usare la medicina. Allah non ha creato alcuna malattia senza creare la sua cura, tranne una: la vecchiaia”.

Dr. Rosa Giaquinta