La peste nera

Epidemie endemia pandemie: come cambiano la storia

Epidemia, dal greco “che è nel popolo”, si verifica quando una malattia infettiva colpisce un gran numero di individui di una data popolazione in un arco di tempo molto breve. L’epidemia è brutale, improvvisa, massiccia, spettacolare e temporanea.

L’endemia si contrappone all’epidemia e designa invece il ripetersi di episodi morbosi in un piccolo numero di individui. È costante e passa facilmente inosservata.

 Pandemia, dal greco pan-demos che significa tutto il popolo, indica una malattia epidemica che si diffonde a straordinaria velocità  espandendosi in più aree geografiche del pianeta, interessando, di fatto, tutta la popolazione mondiale.

Fin dalla più remota Antichità, le civiltà hanno dovuto affrontare epidemie che, in diversi casi, si sono protratte per diversi anni. Queste malattie contagiose sono apparse e scomparse con il passare dei secoli. Si sono spesso accompagnate a guerre o carestie, fluttuando con i periodi di freddo.

La peste nera

Nell’immaginario collettivo è diventata “la morte nera”, malattia che si è ripresentata più volte e che per questo è spesso presente nelle grandi opere letterarie e artistiche.                                                                                                                       La peste nera era già nota quando l’umanità visse la peggiore epidemia a metà del XIV secolo (tra il 1346 e il 1353). Ottocento anni dopo la strage di Costantinopoli, la peste bubbonica fece il suo ritorno dall’Asia in Europa.  È probabile che abbia avuto origine da un focolaio ai piedi dell’Himalaya. Qui il bacillo trovò condizioni climatiche e biologiche ideali, che gli consentirono di d’impiantarsi stabilmente nelle colonie di roditori che popolavano la regione, nella quale passavano le carovane della Via della Seta. La sua storia e diffusione pare nascere da un atto di bioterrorismo.  Nel 1347, infatti, l’esercito dei tartari stava assediando Caffa, città e scalo commerciale della città di Genova in Crimea. Le fila dell’esercito orientale erano sconvolte da un’epidemia di peste, diffusa da qualche anno in Asia e così il Khan Ganibek decise di utilizzare i corpi dei soldati morti per espugnare la città catapultandoli oltre le mura. I marinai genovesi scappando da Caffa portarono la peste nei porti del Mediterraneo. Da lì la malattia si diffuse in tutta Europa gettando il continente europeo nella più difficile crisi che l’uomo possa ricordare.(Epicentro I.S.S.)  Dalla città di Caffa, con alcune navi i cui marinai erano ancora vivi ma contagiati dal morbo, l’epidemia raggiunse la Sicilia nell’ottobre del 1347, in particolare a Messina, dove diffusero il contagio e come riferisce, nella sua cronaca, il francescano Michele da Piazza*. In Europa rimase endemica, tornando a cicli di 10-12 anni, per i successivi tre secoli almeno. Scriveva il cronista fiorentino Matteo Villari: “Cominciossi nelle parti d’Oriente,nel detto anno 1346, in verso il Cattai e l’India superiore e nelle altre provincie circustanti a quelle marine dell’oceano, una pestilenza tra gli uomini d’ogni condizione di ciascuna età e sesso che cominciavano a sputare sangue, e morivano chi di subito, chi in due o in tre giorni. E’ nell’ultimo di questo tempo s’aggiunse alle nazioni del mare Maggiore, e alle ripe del mare Tirreno, nella Soria e Turchia, e in verso l’Egitto e la riviera del mar Rosso, e dalla parte settentrionale la Rossia e la Grecia, e l’Erminia …..” Il medico arabo Ibn Hatimah supponeva che avesse avuto origine in “Hata, Cina in lingua persiana” e un suo connazionale credeva di averla già incontrata nel 1332 alle pendici meridionali dell’Himalaya. È stata una delle più grandi epidemie della storia per la velocità di diffusione, per la non conoscenza degli agenti che l’avevano causata e i suoi trattamenti erano completamente ignorati. Solo cinque secoli più tardi venne scoperta la causa animale, e il suo collegamento con le pulci dei ratti, che durante il Medioevo convivevano nelle grandi città con le persone e si spostavano con gli stessi mezzi di trasporto, come le navi, per esempio, verso città lontane portando il virus con sé. I numeri che ha lasciato dietro sé questa epidemia sono sconvolgenti. Uomini, donne e bambini furono portati via all’improvviso, spesso nel giro di poche ore. I contagiati, alla comparsa dei primi sintomi, venivano banditi dalla collettività. La  peste nera cambiò l’Europa del tardo Medioevo almeno quanto le guerre mondiali modificarono il mondo moderno*. Mai prima di allora poveri, contadini, commercianti, dotti, papi, imperatori e re, nobili e artigiani, clero e autorità ecclesiastiche si sentirono sfidati allo stesso modo e minacciati nella loro stessa esistenza. Secondo i dati in possesso degli storici, si stima che la penisola iberica perse circa il 60-65% della popolazione e la Toscana tra il 50 e il 60%. La popolazione europea passò da 80 milioni a 30 milioni di persone. La peste inoltre portò il crollo della tradizionale scala dei valori, il vacillamento delle secolari tradizioni della società cristiana, le lacerazioni dei vincoli familiari e la battuta d’arresto dei commerci. Le persone nutrirono sentimenti di diffidenza e sfiducia. Si affievolì l’amore per il prossimo e il rispetto. Fu un’ecatombe sociale. I padri non volevano vedere i propri familiari colpiti dalla peste così come riporta l’introduzione alla Prima giornata del Decamerone: “…era con sì fatto spavento questa tribolazione entrata né petto degli uomini e delle donne, che l’un fratello l’altro abbandonava e il zio il nipote e la sorella il fratello e spesse volte la donna il suo marito; e( che maggior cosa è e quasi non credibile) li padri e le madri i figliuoli, quasi loro non fossero, di visitare e servire schifavano.” Nel Decamerone i comportamenti “edonistici” descritti dal Boccaccio acquistano un senso positivo nel riequilibrare i temperamenti in un momento critico per la vita stessa delle persone, lottando contro la paura della malattia e facendo sì che il corpo acquistasse maggior vigore per combattere l’epidemia. I medici indosseranno un abito costituito da una  tonaca nera lunga fino alle caviglie, scarpe, guanti, un cappello a tesa larga, una maschera a forma di becco e una canna con la quale toccare i pazienti. La maschera era una specie di respiratore: aveva due aperture per gli occhi, coperte da lenti di vetro, due buchi per il naso e un grande becco ricurvo, all’interno del quale venivano messe sostanze profumate quali timo, lavanda, mirra, ambra, foglie di menta, canfora, chiodi di garofano e spugne imbevute di aceto).

Secondo Alesina, economista italiano che insegnava alla Harvard School, la peste nera è stato uno dei fattori che ha permesso la rivoluzione industriale e l’instaurarsi di una economia di tipo capitalistico. La riduzione della popolazione europea portò a una riduzione della forza lavoro; ciò provocò aumento dei salari, spinta allo sviluppo della tecnologia e opportunità di lavoro per donne. Ulteriore conseguenza fu l’aumento dell’età a cui le donne si sposavano e quindi una diminuzione della natalità. Mutarono quindi i modelli culturali del XIV secolo.

La malattia è provocata dal bacillo della peste, Pasteurella Pestis, scoperta da Alexandre Yersin nel 1894. Esso si annida in piccoli roditori e si trasmette all’uomo attraverso il morso delle pulci.  Ci sono tre tipi di peste. La bubbonica che si manifesta con la suppurazione e rigonfiamento dei linfonodi, mal di testa, febbre, spossatezza e stordimento. La setticemica che diffonde nel circolo sanguigno e la polmonare che si manifesta con emottisi, asfissia e distruzione del tessuto polmonare. Oggi è una malattia a diffusione molto limitata.

(“La peste nera” di Fabrizio Gabrielli, Storica National Geographic)  * La peste nera dott. Fabrizio Gabrielli* (J. Rouffié,J.C. Sournia, Les épidemiesde l’homme,Flammarion,Paris 1984,pag.94)