“Vedrà meglio le cose colui che ne seguirà lo sviluppo fin dalle origini” Aristotele

Dalla peste alla sifilide

La peste nera rimase in Europa per altri duecento anni dopo il 1351, ma fino al Seicento colpì per lo più in forma leggera e senza coinvolgere tutto il continente. Tra queste, nel 1360, un’altra epidemia detta “dei bambini” perché colpì in tutta Europa solo i minori (Chon 2002).  Nel corso del Quattrocento, poi, la peste acquista una precisa connotazione social , divenendo “la peste dei poveri” (Alfoani, Chon 2007-2010) . Questa circostanza modificherà in modo evidente la capacità della malattia di causare danni economici duraturi. Il mutare nella struttura della mortalità per peste non ha solo conseguenze sociali e sui sistemi economici. Samuel K. Chon (2002) ha ipotizzato che questo sviluppo abbia favorito il delinearsi di un nuovo clima psicologico e culturale che sarebbe sfociato nel “Rinascimento”. L’evoluzione della malattia porrà una serie una serie di interrogativi sulla sua natura e sulle sue cause. Converrà chiarirli subito, in quanto l’etiologia della peste è un punto chiave per tentare una valutazione economica (in termini di costi benefici) dell’intervento delle istituzioni di sanità pubblica.                                                                                                   

Tra le altre epidemie che colpirono l’Europa negli anni seguenti, quella del 1400, la sifilide, conosciuta anche come lue , termine che deriva dal latino lues (epidemia o pestilenza). Nel febbraio del 1453 l’orafo di Magonza Johannes Gutemberg iniziò a sviluppare la tecnica della stampa. L’invenzione si diffuse in pochi decenni in tutta l’Europa e, quando la sifilide arriva, vengono subito pubblicati saggi e studi scientifici degli epidemiologi dell’epoca favorendone la conoscenza. Nel 1496 i tedeschi Joseph Grunpeck e Sebastian Brant pubblicano i loro trattati sulla malattia. Nel 1497 lo spagnolo Gaspar Torella medico alla corte di papa Alessandro, stampa il suo primo rapporto con le indicazioni farmacologiche. Torella come lo stesso Paracelso cura la malattia con il mercurio. Si passerà nell’Ottocento a sostanze non meno tossiche come l’arsenico e il cianuro.  Ma la cura definitiva fu la penicillina, scoperta da Alexander Fleming nel 1928 e prodotta su scala industriale nel 1940. (Gianfrancesco Turano 2020)                                          

Questa malattia fa parte delle Trepanematosi, le quali si dividono in quattro gruppi di cui solo la Sifilide venerea è trasmessa per via genitale e causata dal Treponema pallidum.   Questa malattia, che riconosce nel rapporto sessuale la sua principale via di trasmissione, ha avuta una particolare connotazione xenofoba. Inoltre, da quando è comparsa e per le norme di trasmissione, la sifilide ha sempre coinvolto campi di religione, costume, politica, morale ed etica. La tradizione popolare narra che questa malattia altamente contagiosa sia stata introdotta in Europa dai marinai di Cristoforo Colombo, di ritorno dalla scoperta del Nuovo Mondo, quindi a partenza dai nativi nei quali la malattia si manifestava in maniera particolarmente benigna e che chiamavano taybas, isas, hipas.  Dai marinai la malattia si sarebbe trasmessa ad alcune prostitute napoletane, che a loro volta avrebbero contagiato i soldati dell’armata di Carlo VIII di Valois. In Italia venne osservata in coincidenza dell’invasione dell’esercito francese de re francese Carlo VIII, che rivendicava il suo diritto dinastico sul Regno di Napoli. (dott. Antonio Semprini)                                                     

Questa malattia diede a Girolamo Frastocaro la possibilità di affermare il concetto di “contagio”, cioè di trasmissione dell’infezione da persona a persona. Fu lui, nella prima metà del 1500, a coniare il termine sifilide. Nella sua opera “Syphilis sive de morbo gallico”, narra del pastore Sifilo che, dopo aver offeso Apollo, venne punito con un terribile malattia deturpante e che da lui prenderà il nome.  Da  allora la sifilide venne chiamata dagli italiani,  “morbo gallico” o “mal francese”, mentre in Francia era conosciuto come “mal napoletano” o “mal italiano”. Per gli olandesi era spagnolo, per i russi polacco e per i turchi, genericamente cristiano. Infine c’erano gli ebrei che nel 1492 subirono il decreto di espulsione della regina di Spagna Isabella la Cattolica. Essi si raccolsero allora nei campi profughi alle porte di Roma. Da lì papa Alessandro VI Borgia , per mantenere buoni rapporti con le corone unite di Castiglia e d’Aragona, si vedrà costretto ad allontanarli verso i domini del sultano turco, che garantiva libertà di culto. (Storia della sifilide Prof. Camillo Di Cicco. Feltrinelli)  L’epidemia inizia nel 1493 diffondendosi tra i soldati dell’esercito francese e pare colpisca anche il re Carlo VIII, seppure in forma leggera. Nel 1495 i francesi entrano a Napoli. La sifilide diffonde in città con velocità e violenza. I medici rimangono inorriditi di fronte alle devastazioni che il batterio procura a cute, muscoli, cartilagini. Nel 1945 i francesi se ne vanno dall’Italia, dopo la loro sconfitta nella battaglia di Seminara, il 28 giugno dello stesso anno, ad opera degli spagnoli. La sifilide invece resta e prospera. Infierisce oltre che a Napoli, a Ferrara, Pisa, Bologna, e a Firenze dove le truppe di Carlo VIII avevano fatto tappa l’anno prima.  Con la diffusione globale dell’epidemia l’elemento razzista si sposta alla sfera morale. Per tale motivo, per contenere il contagio, le autorità sanitarie agirono su coloro che erano considerate le maggiori responsabili: le prostitute. Queste che vivevano in condizioni di vita e igiene terrificanti, vennero ritenute responsabili del contagio. Inizia una politica del confinamento. La  Serenissima le isola a Rialto. Organizzano l’Ospedale degli incurabili lungo il canale della GIUDECCA e dove i malati venivano confinati.  Venne confermato ancora una volta come fosse necessario l’isolamento del malato per limitare il diffondersi del contagio. I medici veneziani Cumano e Benedetti ebbero modo di descrivere per primi la malattia. Così scrive il Cumano:” ….diversi uomini d’arme e fantaccini che per il fermento degli umori avevano delle pustole su tutta la faccia e su tutto il corpo. Esse assomigliavan a dei grani di miglio, e di solito comparivano sotto il prepuzio, o sulla parte esterna o sopra il glande, accompagnata da leggero prurito…dopo pochi giorni i malati erano ridotti allo stremo dai dolori che sentivano nelle braccia, nelle gambe e nei piedi e da una eruzione di grandi pustole che duravano un anno i più se non venivano curate…”     

In Francia i malati già nel 1496 cominciarono ad affluire all’Hotel Dieu di Parigi, il più importante ospedale pubblico della città. Nell’arte letteraria la peste viene descritta nel Candido di Voltaire, dove il protagonista ritrova a seguito di varie peripezie, il suo precettore Pangloss ammalato di sifilide.  In pittura Rembrant ritrasse il giovane Gerard de Lairesse, affetto da sifilide congenita, disegnatore noto come autore delle tavole anatomiche del volume “Anatomia Humani corporis” pubblicato nel 1865 da Govard Bidloo, professore di anatomia e chirurgia all’Università di Leiden.  Ancora in un quadro della serie intitolata “Matrimoni alla moda” del pittore e incisore William Hogarth , Il mattino,(1743) è possibile vedere una lesione sul collo del marito. La natura di quest’ultima, in precedenza considerata da molti un possibile nevo melanocitico congenito, dovrebbe essere riconducibile alla sifilide. L’incidenza di questa malattia si è affievolita tra gli anni cinquanta e sessanta, cedendo il passo ad una nuova misteriosa malattia a cui solo più tardi venne attribuito il nome di Sindrome da immunodeficienza acquisita.